Aladdin di Guy Ritchie: la recensione

Molto ritmo per la favola di riscatto e affermazione sociale

Live action che reinventa poco del classico d’animazione, Aladdin è un trionfo di colori e di messaggi positivi. Guy Ritchie declina il suo cinema pop e ironico in maniera intelligente, sovraccaricando il ritmo in modo da stupire e coinvolgere lo spettatore.

Aladdin è un ladro che vive d’espedienti giorno dopo giorno. Una mattina al mercato s’imbatte in una giovane donna che causa un bel po’ di confusione. Quella ragazza è la bellissima principessa Jasmine, che cercava un po’ di conforto lontana da palazzo e dai numerosi pretendenti alla sua mano. Nel mentre Jafar, il visir del sultano, scopre il modo d’entrare nella Grotta delle Meraviglie e individua in Aladdin il solo “diamante grezzo” in grado di entrare e uscire con la lampada dei desideri.

Probabilmente il live action più aderente al classico d’animazione, Aladdin è una gioia per gli occhi. Le tematiche affrontate sono le stesse (la ricchezza d’animo è molto più importante del denaro, la gratitudine e la generosità sono elementi che ci rendono umani, l’amicizia e il ruolo della donna, conscia dei propri bisogni e delle proprie aspettative) e ciò rende il film di Ritchie un prodotto lodevole e meritevole di una visione. Inoltre c’è una forte componente nostalgica, che attrae i trentenni di oggi, che riconoscono nella pellicola di Ritchie un pezzo della loro infanzia. Aladdin(versione animata) fa parte di un immaginario recente; tra i prodotti anni 90 solamente La bella e la bestia (animazione datata 1991) ha subito un re-styling in carne ed ossa, eppure la snaturazione di Bill Condon non richiamava un vivido ricordo malinconico. Ed è cosi che Ritchie sceglie d’intraprende una strada completamente diversa, forse più semplice, ma latrice di maggiori consensi.  

Accompagnato da un cast affiatato, nel quale spicca il femminismo sfrenato di Jasmine, donna indipendente che non intende piegarsi a nessuna legge (terrena o divina), Aladdin possiede un vero e proprio trascinatore: un genio impersonato (stavolta) da Will Smith, che regge il confronto con il doppiaggio istrionico di Robin Williams. Una prova non semplice, che ha suscitato immediatamente notevole curiosità negli spettatori (o per meglio dire detrattori), pronti a puntare il dito e giudicare una recitazione non all’altezza del defunto comico.

Pellicola che tira dritto fino alla conclusione con ritmo, sfrontatezza e piacevolezza, Aladdin riesce ad accattivare lo spettatore perché riesce a richiamare quell’atmosfera magica e favolistica che caratterizzava l’animazione del 1992. Un ri-arrangiamento moderno (qualche stoccata politica e ben più di un riferimento alla vergognosa posizione della donna, allora e oggi) che non lascia insoddisfatti e appassiona. Un entusiasmo contagioso che avvicina grandi e piccini, quest’ultimi interessati a sognare ad occhi aperti, per poi spiccare il volo con il tappeto volante.

Uscita al cinema: 22 maggio 2019

Voto: ***1/2

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