Una famiglia perfetta di Paolo Genovese: la recensione

una-famiglia-perfetta-locandinaTra “palco” e realtà, Genovese costruisce una famiglia (im)perfetta

Commedia all’italiana diversa dai soliti standard, Una famiglia perfetta (2012) ci consegna una coralità d’altri tempi per poi sbandare verso un incauto buonismo.

In una villa di campagna nei pressi di Todi, un cinquantenne misterioso decide di affittare una compagnia di attori per far interpretare loro la famiglia che non ha mai avuto durante le vacanze natalizie. Tutto procede per il meglio, fino a che non sopraggiungerà un personaggio imprevisto, che modificherà la sua vita.

Dopo aver sbancato al box-office con gli “immaturi” di fatto, Genovese torna dietro la macchina da presa con una commedia all’italiana (corale e dai caratteri ben scritti e definiti) che scansa i luoghi comuni per ¾ di pellicola. Tuttavia aggiusta il tiro in chiusura, dimostrando un’apertura alla bontà, osteggiata per buona parte dell’opera. Difatti quella sensazione agrodolce che si assapora in Una famiglia perfetta, incarnata da un ottimo Castellitto (uomo ricco, misterioso e solo), si perde, a lungo andare, nella festività natalizia. Eppure Leone (moderno Scrooge dickensiano) è il personaggio scorbutico e dispotico, che mantiene la tagliente tensione farsesca per l’intera durata della vigilia di Natale. Solo nel momento in cui la realtà si sostituisce alla finzione (o è la finzione che tende ad assomigliare troppo alla realtà) nascono i primi dubbi sulla reale riuscita della pellicola. Il regista si interroga sulla felicità, sulla solitudine e sulla perfezione familiare, che nella maggior parte dei casi è una perfezione di facciata, costruita, finta. Ed è proprio qui che entra in gioco l’incipit del film (originale), il binario centrale su cui si sviluppa l’intera vicenda. Difatti la famiglia di Leone è una scalcinata compagnia di attori, che recitano su commissione i vari ruoli (moglie, fratello, figli e madre). Ognuno però ha i suoi problemi, che si palesano inevitabilmente nel paradossale gioco delle parti. Ed ecco qui un tema caro al regista, ovvero il percorso individuale e introspettivo che porta direttamente a una catarsi voluta o obbligata. Difatti tutti i caratteri eseguono una sorta di viaggio, che ha come scopo la consapevolezza dei propri errori e delle proprie virtù.

Tuttavia tornando a parlare dell’incipit del film (come già anticipato originale e facile oggetto d’interesse narrativo) si può notare come sia singolare l’intreccio tra realtà e finzione, tra improvvisazione recitativa e nella vita, tra maschera e verosimiglianza. E Genovese convince nella costruzione psicologica dei personaggi, che si muovono abilmente tra le pieghe di una sceneggiatura che, proprio come a teatro, ostenta un coupe de theatre conclusivo, figlio della tragedia greca o del melodramma cinematografico.

Purtroppo Una famiglia perfetta non è pienamente compiuto e questo si nota nello scivolamento finale verso un buonismo “all’italiana”, necessario a riporre in ordine tutti i pezzi del puzzle. E sfortunatamente questa scelta, stilistica e narrativa, fa perdere il significato finale del film, che rischia di attestarsi, in modo sterile, a convincente sfoggio delle doti attorali dei vari Gerini, Castellitto, Giallini, Crescentini (anche se quest’ultimi due paiono ricalcare il loro riconoscibile e inflazionato status di personaggio macchiettistico), Occhini e Neri.

Uscita al cinema: 29 novembre 2012

Voto: **1/2

Un pensiero su “Una famiglia perfetta di Paolo Genovese: la recensione

  1. Il film “Una famiglia perfetta” è molto istruttivo per quanto riguarda le attività sessuali, ma è forse un film che non doveva esistere, forse è un film dove i tentativi della sposa rappresentata da Carmen, vanno già oltre i limiti, ed il mostro, quel mostro che Leone afferma di essere, non può essere dominato o sconfitto. Durante l’intero film si può notare come Carmen passa al contrattacco se Leone vuole dirigere la regia delle attività sessuali, ma si può anche notare come Carmen è quella che ha accettato il ruolo e che infine voleva concedersi a Leone. Eppure Leone ha compreso che Carmen vuole dominare le scene del sesso e non ha accettato di passare la notte con lei. La sfortuna passa di mano ad ogni uomo o bambino che si arruffiani con il famelico regista, con l’eccezione che Luna concede al giovane attore, proprio perchè egli non si impone e sicuramente lo ha considerato un fratellastro durante l’azione sessuale. Spesso la sposa ha fallito nell’ottenere ciò che vuole per vari motivi ed uno di questi è anche l’utilizzo di scambismo, dove il marito è cosciente del sesso che lei sta avendo con l’attore. Nonostante questo film sia istruttivo, esprime una situazione penosa dove la sposa perde la sua battaglia e dove il regista diviene addirittura fanatico e tenta di cambiare il rito di una messa cattolica sostituendolo con comportamenti protestanti. Perchè accade? Perchè persino a messa egli vuole dominare la sposa di un suo operaio. Ciò che viene espresso in questo film è ciò che sfortunatamente è accaduto nel mondo del lavoro per decenni. Forse Carmen non doveva mettere i suoi piedi in un ambiente troppo ricco? Carmen è la gentilezza, le perfette risposte ed il carattere più ricercato ma il mostro resta mostro fino alla fine, quando Carmen gli fa notare che i suoi scoppi di artificio sono belli ma sono come lui…non durano. Il film termina facendo notare che Fortunato, il marito di Carmen, infine si è comportato come Luna per via di un cattivo ambiente, ed ha tentato di abbandonare il suo lavoro. Carmen ed il marito si riuniscono felici ma nel sottofondo si può sentire la musica di una donna americana che forse è persino felice che il tutto sia andato in fallimento e che i due siano ridotti all’assenza del peccato.

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