Non c’è campo di Federico Moccia: la recensione

Classificazione: 1 su 5.

Moccia e la generazione convenzionale e monodimensionale

Ennesima prova cinematografica priva di spessore, Non c’è campo è un prodotto che definisce la generazione d’oggi in maniera monodimensionale, patetica e stucchevole. Aggettivi che contraddistinguono la carriera artistica di Moccia, sempre (pericolosamente) interessato a restituire uno spaccato adolescenziale fasullo e smaccatamente da spot televisivo.

Laura decide di organizzare per l’ultimo anno una gita insolita: un laboratorio artistico a Scorrano, nel Salento, con l’artista Martelli. Una volta giunti a destinazione però tutti saranno colti da una brutta sorpresa: a Scorrano i cellulari non prendono e così ognuno è tagliato fuori dal resto del mondo.

Non c’è campo è l’ennesima prova che Moccia non è in grado di infondere al suo cinema (e alla sua “letteratura”) un pizzico di sano e genuino vigore. Nulla nella pellicola assume una forma interessante, un pizzico d’inventiva che possa cogliere una profondità adolescenziale che si distanzi dalla crisi di panico per la mancanza di segnale del cellulare o dalla crisi d’isteria per un amore non corrisposto.

Non c’è campo è una pellicola senz’anima, che racconta con eccessivo patetismo una generazione monodimensionale, laddove nemmeno l’insegnante (una Vanessa Incontrada palesemente sottotono) riesce a discostarsi dal cliché parodistico. Moccia insiste con la sua visione stucchevole e difficile da digerire, mentre il pubblico (a cui deve tanto, forse troppo) comincia a riconoscere un autore privo di idee e vi si allontana progressivamente. Sono lontanissimi gli anni in cui spopolavano gli amori impossibili di Tre metri sopra il cielo o il principe azzurro maturo di Scusa se ti chiamo amore, esempi stereotipati di una narrazione da favola immersa nella quotidianità. Non c’è campo è l’ostentazione della piattezza adolescenziale, aggrappata al cellulare come ancora di salvezza da una realtà troppo difficile; tutto aderente a un contesto drammaticamente attuale, ma che andrebbe stigmatizzato e non reso un espediente patetico per una narrazione insapore.

Per concludere si può facilmente affermare che Moccia è il baluardo della mancanza di profondità, che in quest’ultimo film evidenzia un chiaro imbruttimento generazionale, che percepisce come impossibile la possibilità di creare relazioni sane tra esseri umani se non esclusivamente in formato digitale.

Uscita al cinema: 1 novembre 2017

3 pensieri su “Non c’è campo di Federico Moccia: la recensione

  1. Ti ringrazio per esserti sottoposto al supplizio di guardare questo film per mettere tutti gli altri in guardia. Personalmente, non avevo intenzione di andare a vederlo, ma sono contento di sapere che le mie aspettative sono confermate!

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