La città ideale di Luigi Lo Cascio: la recensione

Opera prima debole e presuntuosa

Opera prima di Luigi Lo Cascio, La città ideale si snoda attraverso la forzata sottolineatura di metafore e onirismi. Un percorso teso al perseguimento della verità, in cui si respira un’eccessiva ambizione e un pelo di presunzione.

Michele Grassadonia è un architetto palermitano che si è trasferito a Siena. Ecologista integralista, Michele vive solo in un appartamento spartano, dove sperimenta energie alternative. Una sera di pioggia è in auto e tampona un’ombra; dopo pochi chilometri trova un corpo riverso sull’asfalto. Michele chiama i soccorsi, viene interrogato dalla polizia e da soccorritore si ritrova indagato.

L’attore dietro la macchina da presa pecca di presunzione, difatti Lo Cascio in La città ideale ostenta il suo status di attore drammatico intenso ed evocativo. È questo l’errore più evidente del suo debutto da regista, un prodotto che mostra un buon incipit (un uomo che predilige il controllo si trova in una situazione intricata e poco comprensibile), ma che con il prosieguo della vicenda si barrica dietro l’esibizione di metafore, di sogni a occhi aperti, che però non rimangono sospesi nell’immaginario dello spettatore e finalizzati all’interpretazione personale, anzi vengono adeguatamente spiegati. E se è l’eccesso di controllo a governare e far sbandare l’esistenza del protagonista Michele, è la stessa sensazione a insinuarsi nella mente di Lo Cascio. Un errore che finisce per influire sul film, che risulta verboso, privo di una libertà d’espressione e schiavo di un’ingessatura filmica costruita a tavolino.

Adagiando sullo sfondo la lunga ombra di un processo kafkiano, La città ideale si pone soprattutto una domanda fondamentale: esiste la verità? Dal punto di vista puramente legislativo la verità è un qualcosa di astratto e mutevole, mentre per un amante del controllo e della determinazione del proprio destino è l’unico valore fondamentale.

Insomma La città ideale è un prodotto frutto di una mente che crea e distrugge allo stesso tempo, abbraccia il comico e il grottesco, ma li rifugge in favore di un melodramma al maschile e di una ricerca della verità che partorisce personaggi bizzarri e inutili ai fini della trama (come per esempio l’artista russa). Superficiale e presuntuoso, il film di Lo Cascio è un dimenticabile esempio di egocentrismo.

Uscita al cinema: 11 aprile 2013

Voto: **

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